Chi è che scrive?

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Daniele Campanari nasce a Latina il 9 dicembre del 1988, studente del corso di Scienze e Tecnologie della Comunicazione all'università "La Sapienza" di Roma,collabora come giornalista a Radio Sapienza. La sua passione per la scrittura comincia nel "momento in cui ho imparato a mettere insieme due parole". Da bambino componeva filastrocche in rima utilizzando i nomi e i cognomi dei personaggi famosi. A 16 anni scrive e arrangia musicalmente " Sei tutto per me". Da qui, si collega l'altra sua passione, ovvero la musica, che lo porta ad esibirsi per un breve periodo con alcune tribute band romane di Luciano Ligabue. Da un anno circa, ha scelto di rendere pubblici i testi, le poesie, i racconti e gli aforismi che normalmente scrive nella sua stanza, nel bagno di casa, nello sgabuzzino e in altre parti del globo. "Tutti hanno un sogno riposto nel cassetto che vorrebbero realizzare. Il mio sogno ce l'ho in mano e attraverso una penna e un foglio bianco sto cercando di renderlo vivo"

martedì 27 marzo 2012

"POLITICALLY CORRECT"


"POLITICALLY CORRECT"

di Daniele Campanari


Si può recensire una lista di 50 parole da vietare ai bambini nell’uso del linguaggio quotidiano?
Qualsiasi persona dotata di un cervello ben pensante risponderebbe con un secco quanto perentorio: “NO!”
A New York il Dipartimento per l’Istruzione ha pensato bene di bandire dalle menti dei bambini delle scuole elementari ben 50 vocaboli. Il tutto in nome di quella “politically correct”, espressione nata negli USA a cavallo degli anni Settanta al tempo delle lotte per i diritti civili.
I pargoli delle scuole newyorkesi non potranno utilizzare la parola “compleanno” per non offendere la sensibilità dei testimoni di Geova che non festeggiano annualmente il giorno della loro nascita. E poi ancora la parola “dancing” perché evocherebbe immagini troppo sexy. Meglio usare la parola “balletto”.

“divorzio”, “dinosauri”, “sigarette”, “halloween”, “videogioco”, “povertà”, “schiavitù”; secondo quelli del Dipartimento, questi termini danneggerebbero i futuri adulti provocando loro “maleducazione” e “distrazione”.
Togliere ai ragazzi argomenti di cui discutere è a dir poco controproducente cosi come è ovvio che eliminare queste parole del linguaggio comune rende impossibile il passaggio dallo status quo ad un pensiero maggiormente sviluppato e obiettivo.
Non sembrano essere, questi, i tempi del dietrofront dato che le direttive sono già state emanate ed entro pochi giorni questa ridicola posizione verrà resa ufficiale.
A questo punto non ci resta che parlare di una pessima “schiavitù” di palazzo.
Ho usato la parola “schiavitù” … è consentito?

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